Capitolo 8
Piani eversivi
"Fimmina è", illustrazione di GAL e basta |
Da piazzale Maciachini a South Porta Romana, notte tra sabato e domenica
Nino alza gli occhi dal tablet di Zao e davanti a lui un muro di mattoni rossi cresce sbarrandogli la strada.
«Guaglio’, turmannocene a casa!»
Sale in sella alla bici e imboccando viale Marche con la banda di Tonino al seguito si immerge nel delirio della città, affollata come all'ora di punta nonostante sia notte fonda. I muri sono ovunque, bloccando l’accesso alle vie secondarie e costringendo il traffico sull’arteria principale. Polizia, vigili del fuoco, cittadini con picconi e martelli pneumatici si muovono in una danza isterica per contrastare il fenomeno e scongiurare l’apocalisse.
All’altezza di piazzale Loreto la comitiva frena bruscamente, perché Nino, in corrispondenza di un semaforo lampeggiante, nota un uomo altissimo sgretolare una parete di mattoni che sbarra l’incrocio.
«Uè! Quello l’avete visto?» chiede alla banda di ragazzini. «Ha tirato giù il muro così!» esclama mimando il gesto di appoggiare i palmi delle mani su un muro immaginario.
Nino fa lavorare il suo innato intuito ed ecco la soluzione. Altro che picconi e badili, quello lì ha due mani che neanche San Gennaro.
In pochi secondi, Nino e la sua banda si trovano alle spalle dell’uomo.
«Signo’, qui nessuno si accorge di niente. Tutti corrono e vogliono fare da soli, per distruggere questa fetenzia. Ma io c’ho l’occhio lungo e t’ho visto. Con quelle due mani, tieni una forza che neanche la protezione civile!»
L’uomo ha un aspetto trasandato, puzza come chi non si lava da settimane. La barba incolta e i capelli arruffati. Ma gli occhi… Nino rimane folgorato da quello sguardo che gli arriva dritto nell’anima a frugargli tra le emozioni. Ha l’impulso improvviso di piangere, ma si riprende subito.
«A casa la mia Annarella ha sicuramente fatto le polpette al sugo e il gattò di patate da farmi trovare al ritorno» dice. «Tonino, lascia il monopattino al signore e salta su qua» ordina al figlio, facendo cenno all’uomo di seguirlo.
Per fortuna, con la bicicletta e i monopattini i sei riescono a sgusciare tra la folla e percorrendo la circonvallazione si dirigono a sud della città. Nel tragitto gli uomini si presentano. Lo strano personaggio di dimensioni fuori dalla norma si chiama Jonathan Thoughts. Nino ora, in compagnia di questo singolare energumeno, non teme alcuna barriera di mattoni e a gran velocità arriva nel suo quartiere a South Porta Romana con la comitiva.
Giunti sotto casa, all’ingresso del palazzo, il gruppo si scioglie e Nino, col figlio e Jonathan al seguito, sale le scale e raggiunge la porta di casa dove sua moglie lo aspetta con la fede in mano.
«Amo’, ch’è successo?» chiede Annarella «E tu, Toni'? Che ci fai insieme a papà tuo a quest'ora?» Nino prende l’anello e se lo infila, passa la mano sul pancione della donna e le schiocca un bacio sulla fronte. «Annare’, tutto apposto. Abbiamo un ospite.»
Lei stringe la mano al gigante e gli fa cenno di entrare. In casa un forte aroma di sugo, misto al profumo di sapone di Marsiglia dei panni stesi sulle corde del davanzale, deve aver fatto centro in Jon che sfodera un sorriso più tenero di un babà. «Il mister qui ha fame e deve darsi una pulita» dice Nino mostrando tutto il suo senso dell'accoglienza, che lo fa sentire di riflesso un po’ accolto a sua volta.
E così, mentre Jon si rinfresca con il sapone alla lavanda di Annarella, Nino spedisce il figlio a dormire, che è tardi e se non si corica gli si interrompe la crescita. E poi si sdraia sul divano: «Io mi appoggio un attimo che sono tutto rotto» dice alla moglie che sta spignattando nel cucinotto.
Tira fuori la chiavetta dalla tasca e la infila in un portatile craccato, refurtiva di un furtarello di sei mesi addietro a un manager della Banca Intesa. L’hard disk va che è una scheggia. Riapre il file che aveva visto sul tablet di Zao e un forte odore di lavanda lo inonda da dietro. Jon, fermo alle sue spalle, osserva il monitor, passandosi l’asciugamano sui capelli e strofinandoseli vigorosamente. Nino gli fa cenno di accomodarsi accanto a lui e Annarella porge all’ospite un piatto stracolmo di polpette al sugo e gattò per un banchetto notturno improvvisato.
Il piano sembra chiaro. Intrecci tra politica, imprenditoria e ‘ndrangheta. Una lista di quaranta nomi tra magistrati, alti funzionari di polizia e carabinieri, ministri, imprenditori, sindaci, avvocati, dirigenti del Vaticano. Tutta gente in grado di controllare nomine pubbliche e gare d’appalto, disegni di legge e processi. Scendendo dai ministri fino agli scagnozzi e i portaborse dell’organizzazione, tra cui il nostro Assessore, si incontrano tutte le collusioni e gli illeciti. Evidenziate in rosso ci sono le leggi che subiranno modifiche urgenti e sostanziali: quelle sull’abuso d’ufficio, sull’immigrazione e sul lavoro. L’obiettivo finale è il ripristino della schiavitù. La parola compare solo una volta ma sui due uomini ha l’effetto di una bomba atomica. Nino e Jon si guardano.
«Maronn’ ’ro Carmine!» commenta Nino con un filo di voce.
Le linee rosse tracciate sulla piantina della città sono i muri che hanno lo scopo di far scattare il piano criminale. Al via appalti e deroghe sull’anticorruzione. Procedure d’urgenza per gestire la situazione. Muri che devono spuntare ovunque per creare panico, per legittimare le scelte politiche, per non dare il tempo ai garanti di controllare. Per veicolare l’opinione pubblica verso il consenso.
Dall’urgenza alla normalità.
I muri hanno diverse finalità. Spaventare, impaurire, rinchiudere, dividere. I muri hanno diverse friabilità. Temporanei, come delle allerte, per seminare il panico. Impenetrabili, come un diktat: da qui non si torna indietro. Ognuno stia al proprio posto.
E dal labirinto disegnato sulla mappa è quasi impossibile uscire. Come tante formiche impazzite, le persone si arrenderanno al volere dei potenti. Siete in gabbia. Noi vi diremo dove andare e dove stare. Nel labirinto, cacciatori di irregolari compiranno sequestri di migliaia di persone che verranno ridotte in schiavitù. Una condizione regolamentata e regolare, autorizzata dalla legge, sia ben chiaro. Sancita dall’imminente decreto-legge “lavoro e libertà” che il governo emanerà alla fine del mese, quando il terrore avrà preso il sopravvento e i muri saranno spuntati anche a Torino e Brescia, determinando il collasso dell’economia italiana.
Il progetto si estenderà all’intera nazione. Al triangolo economico del Nord seguiranno tutti i restanti capoluoghi di regione e di provincia. Muri, lavoro, denaro, margine e profitto da investire fuori dai confini del nostro paese. Nino legge nomi di società in Africa e Sud America.
«L’assessore, mentre mi teneva in ostaggio, ha chiamato un paio di volte un avvocato… un certo Dei. Gli parlava di massoneria. Uè, esiste ancora la P2?» domanda Nino con un riso amaro, un ghigno di terrore.
Jon annuisce. «Questa sembra un’organizzazione molto più potente. Ha dato il via al suo piano eversivo, con tutti questi muri che spuntano ovunque per la città: sta uscendo allo scoperto.»
«Guarda te in che casino mi sono messo. Io volevo solo ripulire l’appartamento di quel fetentone…» si passa le mani nei capelli e vede la sua cornacchia Rafe' appoggiata sul davanzale della finestra che lo osserva inclinando la testa. Poi si gira verso Jon: «Ma tu, cosa c’hai nelle mani?» gli chiede. «Ti ho visto, sai, buttare giù quel muro.»
Mentre Jon cincischia prendendo tempo, arriva un urlo acuto e tagliente dal cucinino. I due si alzano di scatto, si scambiano una breve occhiata e corrono a vedere. Annarella, le mani appoggiate al piano dei fornelli, è pallida e sudata. Respira con affanno.
«Amo’, che succede?»
«Nino, mi si sono rotte le acque.» E tira un grido di dolore.
«Bisogna andare in ospedale» dice Nino, ma sa che è impossibile riuscire a raggiungere in auto l’ospedale più vicino a causa dei blocchi, delle strade interrotte e del traffico che congestiona tutta la città.
«No! Questo sta uscendo, Nino! Chiama a Rosalia.»
La vicina di casa, Rosalia, è una ostetrica in pensione che ha badato a tutte le gestanti del palazzo e ha fatto nascere una decina di bambini di donne irregolari che di andare in ospedale non volevano proprio saperne.
Nino aiuta Annarella a sistemarsi sul letto e Jonathan lo rassicura: «Sto io accanto a tua moglie, ma fai presto, nel giro di una mezz’ora questo è già nato».
Lei cerca di respirare in maniera più regolare.
«Ma tu chi sei?» fa una pausa. «È vero che butti giù i muri con le mani?»
Lui annuisce.
Dalla porta sbuca la testa di Tonino, che si stropiccia gli occhi con il pugno della mano.
«Che succede, ma’?»
«Prendi qualche asciugamano pulito a mamma» ordina lei indicando il grosso armadio a muro.
Intanto Nino si fionda giù per le scale a cercare Rosalia.
Bussa alla sua porta. La donna spalanca l’uscio.
«Ora è?» domanda la donna con in mano alcuni asciugamani piegati. «Annamu.» Nino la guarda stupito e annuisce solamente. Dietro di lei, altre due vicine di casa li seguono su per le scale.
In pochi minuti Nino arriva in compagnia di Rosalia e delle altre due donne.
«Aspettate sopra u' divano» ordina Rosalia a lui, a Jonathan e al ragazzino.
Poco dopo arrivano altre sette donne del palazzo. Nonostante le esigue dimensioni dell’appartamento e le numerose persone all’interno, si muovono come avessero a disposizione uno spazio infinito. Disinvolte e sicure, si mettono a trafficare senza domandare cosa ci sia bisogno di fare. Un vociare femminile, prima confuso in diverse lingue, si trasforma in un solo accento omogeneo dal suono via via sempre più sommesso. Resta un bisbiglio e il tintinnare di oggetti, il rumore di ante che si aprono, di pentole, posate. Qualcuna, in camera con Annarella, aiuta Rosalia. Le altre cucinano, sistemano la casa, ritirano i panni stesi sulle corde del davanzale, fanno il bucato, controllano i bambini che dormono nei loro letti.
Tonino guarda suo padre, Nino guarda Jonathan. I tre restano attoniti, ammutoliti e inermi, seduti stretti uno accanto all’altro sul piccolo divano col file dell’assessore aperto nel pc. La casa è sopraffatta da profumi di spezie e di pietanze che cuociono sui fornelli a gas. L’aria sa di zafferano e cumino con sfumature di coriandolo e aglio. Una ragazza indiana prepara tè al cardamomo, accanto a lei una giovane cinese monda il riso con movimenti esperti delle mani formando piccoli vortici concentrici nella ciotola con l’acqua. Tovaglie colorate vengono stese sul piccolo tavolo in cucina e su quello del microscopico soggiorno. Un tappeto africano e un futon vengono srotolati e adagiati accanto al divano. La ragazza indiana accende una candela e la infila in una lanterna di metallo e vetro azzurro.
Ogni donna, impegnata nel proprio rituale, appare fresca come un fiore al mattino. Una profuma di gelsomino e un’altra di tiglio, da quelle africane arriva odore di cannella e vaniglia, dalle asiatiche sandalo e loto.
Annarella riprende fiato. Rosalia le passa un panno fresco sulla fronte e controlla le contrazioni. Poi arriva il momento di spingere e Annarella lo fa con tutte le sue forze, sa bene come fare: è la quarta volta. Le spunta una testolina tra le gambe, nel punto dove ora è racchiusa tutta la sua energia. Rosalia aggancia con le dita il piccolo collo, fa un mezzo giro con le sue mani esperte e tutto il corpicino esce dalla mamma. Si sente un vagito e poi il pianto che pare il verso di un gabbiano.
«Fimmina è» annuncia Rosalia nel silenzio profumato della casa. La mamma piange e le donne si raccolgono tutte nella sua camera riprendendo il bisbiglio che si fa a poco a poco un canto sussurrato.
Tonino guarda suo padre, Nino guarda Jonathan. Immobili e ammutoliti.
CONTINUA...
Ecco lo spunto di Sara:
RispondiEliminaMilano è pronta. E dopo Milano l'Italia e, chissà, il mondo. È il momento di pubblicare il manifesto del Mattonismo. Di spiegare che questo movimento, non solo politico ma in un certo senso anche artistico – perché cosa conta in un'opera d'arte se non la verità che la ispira? – ha tutte le caratteristiche per sovvertire l'ordine costituito e crearne uno nuovo. E quindi, avanti con il Mattonismo senza tentennamenti, senza sciocche remore, con la mano ferma del muratore che maneggia la cazzuola come un bisturi. La gente, prima o poi, capirà che cos'è meglio per tutti. E comunque non è necessario che capisca. Saranno i mattoni a costruire, dividere, unire, negare, comandare.
Ecco lo spunto di NN:
RispondiEliminaNino capisce che è il suo momento. Il momento in cui l’uomo comune, l’ultimo degli ultimi, diventa eroe. Almeno nei film... Non ha ancora capito chi sia questo Jonathan ma sa già che sarà dei loro. C’è Rafe’ e pioveranno cornacchie. Ma ci vuole una mente fina, qualcuno che ha studiato, che capisca quello che a lui sfugge... L’avvocato dell’Assessore. Quello che l’Assessore chiamava e che però di fatto non lo aiutava... Quello che era al cinema! Quello che dunque sa che l’uomo comune, se solo vuole, può farsi eroe. L’avvocato Dei. Chiederà a Zao di rintracciargli il “loro” avvocato.
Ecco lo spunto di Alessandro:
RispondiEliminaQuesta nascita ricorda la protagonista del film "Il Quinto Elemento"... Oppure una Cavaliere Jedi che porta equilibrio nella forza...
Ecco lo spunto di Mirella:
RispondiEliminaLa bambina potrà chiamarsi solo Raffaella... in fondo è stato Raffe' a riportare la fede di Nino ad Annarella!