La vita di Antonio Bacchetti, calciatore, partigiano, leggenda minore del football nazionale. In dieci mosse.
1. Antonio Bacchetti, detto Toni, nasce a Codroipo, provincia di Udine, nel 1923 e fa il calciatore. Mezzala, per la precisione. Ha fisico, nerbo e classe.
2. Comincia diciottenne a vagabondare per l'Italia minore del football, iniziando dal Meridione: in serie C col Potenza e il Savoia di Torre Annunziata; poi all'Udinese, nel 1942-43.
3. Dopo l'8 settembre va in montagna e partecipa alla Resistenza.
4. Finita la guerra torna a giocare a calcio. Lo ingaggia per un biennio dapprima l'Atalanta (1945-47), dove ha per qualche mese compagno di squadra e allenatore il grande Peppino Meazza; poi la Lucchese (1947-48) e quindi la grande occasione all'Inter, al fianco di Istvan Nyers, l'Apolide, e Benito "Veleno" Lorenzi; c'è anche il giovane Enzo Bearzot, friulano come lui. Ma la stagione è sfortunata e l'anno seguente, 1949-50, passa al Brescia, in serie B. L'anno dopo lo compra il Napoli.
5. A Napoli, Bacchetti diventa il beniamino del Vomero: per l'andatura dinoccolata i tifosi lo chiamano 'O Camello; nella prima parte del campionato segna ben 10 gol. La leggenda vuole che il suo nome entri anche in una famosa battuta del film "Napoli milionaria", con Eduardo de Filippo e Totò. Poi succede il patatrac.
6. Nel febbraio del 1951 Bacchetti viene processato per un fatto accaduto quando era partigiano. Deve testimoniare a proposito dell'uccisione in montagna di un fiancheggiatore dei repubblichini. Bacchetti viene assolto, ma la sua ascesa s'interrompe. La stagione seguente, 1951-52, gioca poco e senza mai segnare. Nel Napoli dell'armatore Achille Lauro, noto monarchico, non ci può essere posto per un comunista partigiano.
7. Torna a giocare all'Udinese, poi al Torino, infine in IV serie col Crotone e con la Cividalese. Poi basta. Lascia il calcio giocato.
8. Ma non quello fuori dal campo. Diventa un dirigente di squadre locali in Friuli e "scopre" qualche campione di quella terra da sempre ricca di talenti calcistici: uno su tutti, Gianfranco Casarsa, udinese, buon talento di metà anni Settanta.
9. Ma proprio a metà anni Settanta, per la precisione il 17 maggio 1974 il nome di Antonio Bacchetti torna agli onori della cronaca. Ma non di quella sportiva: cronaca nera. Uccide a bruciapelo il dirigente di una squadra locale colpevole di non aver rispettato gli accordi per una compravendita di giocatori.
10. Bacchetti, reo confesso, viene processato e condannato al carcere. Ma è già gravemente malato e ottiene dopo cinque anni la libertà condizionata: muore il 9 maggio 1979.
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“Bacchetti gioca?” Vita vera e immaginaria di un calciatore fuori dalle regole
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Illustrazione di Guendalina Ravazzoni
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