Ecco la seconda puntata del giallo scritto da Besola/Ferrari/Gallone - R/A/F per StraStorie – Gialla è la città Edition a BookCity Milano.
Aspettiamo i vostri suggerimenti per continuare la storia entro domani alle ore 13 qui e su www.strastorie.it!
StraStorie – Gialla è la città. Capitolo 2: Le risposte vengono dall'acqua
di Riccardo Besola, Andrea B. Ferrari e Francesco Gallone
L'orologio segnava l'una e cinque, ma Jake la Nutria non parve preoccuparsene. Conosceva bene quel luogo, e sapeva che il tempo vi si era fermato, e quelle lancette erano immobili come i suoi abitatori. Erano proprio loro il motivo per cui Jake era risalito fino a quella strana casa, sul Naviglio ma quasi in via Idro, per la loro esistenza inanimata, per quegli occhi di vetro o di bottoni che guardavano il corso d'acqua marrone scorrere verso la metropoli. Appollaiati in quel sinistro spazio, bambole e peluche osservavano il panta rei senza un soffio di vita in corpo. Nessuno sapeva a chi appartenesse quel vecchio edificio lungo la Martesana, chi avesse avuto l'inquietante idea di abitarlo di pupazzi. Ma tutti si erano soffermati a guardarlo, almeno una volta, e in qualche maniera vi si erano riflessi.
L'uomo sulla sedia a rotelle, anziano, magro, severo, sbuffò e allungò la mano. L'altro vecchio, quello che camminava sulle proprie gambe, socchiuse il cappotto e ne estrasse un pacchetto di sigarette, ne sfilò una e la porse al vecchio seduto. Questi infilò la sigaretta tra le labbra e attese che l'altro gliela accendesse. La donna bionda, sui quaranta, dal forte accento russo, sbottò: “Signor Duca! Basta fumare! Lei sa che fa male! E signor Mascaranti, basta dare sigaretta a signor Duca! Vuole che muore?”
“Vladimira, non ti arrabbiare così. Sono un medico, e ti posso assicurare che i nervi, per il cuore, sono più letali del tabacco. Ho più di novant'anni, cosa vuoi che sia una boccata in più o in meno...”
La badante ucraina brontolò ancora un poco, ma il vecchio proseguì: “Sai, Vladimira, nella vita non sono mai stato fermo. Eppure ora sono costretto a esserlo. Fermo. E ogni volta che passeggiamo qui, ogni volta che passiamo davanti a quei pupazzi inerti, mi pare che siano un monito e uno scherno: ora io sono come loro. Uno spettatore come loro...”.
“Che c'entra monitor?”
“Monito, Vladimira. Ammonimento. Sono là a dirmi: sei come noi. Animato dalla tua badante. Unisciti a noi. Osserva l'acqua farsi melma. Osserva le cornacchie nutrirsi d'immondizia. Osserva le nutrie che ci riportano i pezzi del mistero. Unisciti a noi. Le risposte vengono sempre dall'acqua...”
Le risposte vengono sempre dall'acqua, diceva mia madre. Era una nutria molto intelligente anche lei, e in effetti mi raccontò che la città sembrava aver perso le proprie sicurezze e trovato un sacco di dubbi man mano che aveva ricoperto i suoi corsi d'acqua. Ma mia madre era quel tipo di nutria che origlia i discorsi degli intellettuali, quei tipi con gli occhiali che a volte puzzano di polvere e sudore malcelato sotto maglioni e deodoranti che si riunivano in bicicletta all'Anfiteatro, o in qualche locale lungo il corso del mio naviglio. Comunque, fermandomi dopo la mia lunga nuotata, annusai bene la mano e mi resi conto che non era vera, ma artificiale. Era molto leggera, perciò galleggiava. Era una riproduzione fedelissima, tanto da trarmi in inganno. Più d'istinto che d'intuito, ero venuto qui, alla Casa delle Bambole, ma mi resi conto che ero nel posto sbagliato. La mia mano era sproporzionata, rispetto a quelle delle bambole. Era grande come una mano umana. Mi appoggiai sulla riva, ad asciugarmi. Due vecchi e una biondona ciarlavano sul vialetto. Avevo notato già quel tipo di mano finta: nelle vetrine dei negozi. Ogni tanto Luca mi porta lungo viale Monza, ed è là che ho visto le donne di plastica che si usano per esporre gli abiti in vendita. Manichini, mi pare li chiamino. Questa mano somigliava a quelle, per dimensioni, ma qualcosa ancora non mi convinceva. Dovevo solo comprendere cosa. E quando una nutria intelligente come il sottoscritto capisce di non riuscire a vedere qualcosa che ha percepito ma non ha colto, sa che c'è una sola soluzione: rivolgersi a una nutria ancora più intelligente.
La piccola nutria, col suo papillon, si adoperava industriosamente e con dimestichezza nel recupero di bottiglie, lattine e bicchieri di plastica dal canale. Stava spesso in prossimità dei locali, dove la gente, disinibita dall'alcol, si lasciava andare alla propria natura maleducata, gettando i rifiuti a terra, o nell'acqua. La nutria s'immergeva, con la testolina spingeva la preda verso riva. Ne accumulava un tre o quattro, quindi s'adagiava e ne scolava il contenuto, qualunque esso fosse. Per questo la chiamavano a quel modo.
“Scolo!”
“Ehilà, Jake... che mi dici, cervellone?”
Jake emerse dall'acqua e tirò a riva la mano.
“Quella chi è, la tua femmina?”
“Oh, Santa Nutria, Scolo, non scherzare! Hai sentito cos'è successo stamattina?”
Scolo si fece serio: “Brutta faccenda, Jake. Gran brutta faccenda.”
“Ascoltami, Scolo: tra le nostre sorelle*** morte, stamattina, c'era questa mano qui...”
“Mmh... Una mano finta. A volte gli uomini le usano. Quando gliene manca una vera. Vedi com'è definita, curata nei particolari? Gli uomini sostituiscono sempre quel che gli manca con qualcosa di finto. Io credo che sia perché...”
“Scolo... cos'è questo rumore?”
no gatto – no topo – no cane – no piccione – cos'è? – sembra buono – pesce? – forse pesce – sentito me ha – sento paura – sento allarme – annusa annusa – è vivo – sì – si muove nell'acqua – ha paura di me che sono qua e sento il suo odore anche se non riconosco – no, mai sentito prima – mi piace – sembra un po' pesce e un po' anatra selvatica rincorsa sul lago d'estate – devo avvisare il padrone – abbaio ma lui sembra distratto – se mi molla mi butto – l'afferro e glielo porto – è nella mia natura retriever – non posso farci niente – devo andare – devo prenderlo – devo portarlo a riva – sta scappando – è mio – vado – mi butto – splash!
Jake la Nutria e Scolo guizzarono rapidi nel naviglio, mentre il grosso labrador retriever gli si tuffava appresso. L'istinto di sopravvivenza fece sì che non pensassero a niente finché non seppero di essere fuori pericolo. Fu solo allora che Jake si rese conto che la mano era rimasta là, tra le lattine e le bottiglie vuote di Scolo, dove quello stupido cane probabilmente ora si stava scrollando sotto le ingiurie del proprio padrone. Aveva ottenuto una mezza risposta, e perso una traccia. “Santa Nutria” si disse “e ora che posso fare?”
Il cuoricino gli batteva ancora all'impazzata per la nuotata e lo spavento, e per la rabbia di non avere nessuna pista da seguire, quando la notte parve calare all'improvviso e Scolo sussurrò, con insopportabile rassegnazione: “Vedi, lo dico sempre, alcune risposte è meglio non trovarle, soprattutto se ti trovano loro”.
*** NOTA DI JAKE: Non esiste un termine nella vostra lingua per definire come ci definiamo noi nutrie tra di noi. “Sorelle” restituisce solo la vostra ignoranza, il fatto che ci consideriate, superficialmente, tutte uguali. Come se non fossimo maschie e femmine. Io per essere una nutria sono molto intelligente, ma voi umani siete molto stupidi.
FINE SECONDA PUNTATA
MANDATECI I VOSTRI SPUNTI PER IL PROSIEGUO DELLA STORIA ENTRO DOMANI ALLE ORE 13!
StraStorie – Gialla è la città Edition per BookCity Milano
17-18-19 novembre 2017
Un format di narrazione condivisa di Valeria Ravera
Con Riccardo Besola, Andrea B. Ferrari e Francesco Gallone
In collaborazione con Ladra di Libri - Covo della Ladra
Illustrazioni di Guendalina Ravazzoni
Contributo video di Carmen Pellegrinelli
Musica di Alessandro Arbuzzi
Dal vivo allo Spazio Ligera, via Padova 133 Milano
e sul web: www.strastorie.it, facebook.com/strastorie
#strastorie #giallo #giallaèlacittà #scrivere #ligera #guendalinaravazzoni #covodellaladra #BCM17 #bookcity #Milano
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StraStorie – Gialla è la città. Capitolo 2: Le risposte vengono dall'acqua
di Riccardo Besola, Andrea B. Ferrari e Francesco Gallone
L'orologio segnava l'una e cinque, ma Jake la Nutria non parve preoccuparsene. Conosceva bene quel luogo, e sapeva che il tempo vi si era fermato, e quelle lancette erano immobili come i suoi abitatori. Erano proprio loro il motivo per cui Jake era risalito fino a quella strana casa, sul Naviglio ma quasi in via Idro, per la loro esistenza inanimata, per quegli occhi di vetro o di bottoni che guardavano il corso d'acqua marrone scorrere verso la metropoli. Appollaiati in quel sinistro spazio, bambole e peluche osservavano il panta rei senza un soffio di vita in corpo. Nessuno sapeva a chi appartenesse quel vecchio edificio lungo la Martesana, chi avesse avuto l'inquietante idea di abitarlo di pupazzi. Ma tutti si erano soffermati a guardarlo, almeno una volta, e in qualche maniera vi si erano riflessi.
L'uomo sulla sedia a rotelle, anziano, magro, severo, sbuffò e allungò la mano. L'altro vecchio, quello che camminava sulle proprie gambe, socchiuse il cappotto e ne estrasse un pacchetto di sigarette, ne sfilò una e la porse al vecchio seduto. Questi infilò la sigaretta tra le labbra e attese che l'altro gliela accendesse. La donna bionda, sui quaranta, dal forte accento russo, sbottò: “Signor Duca! Basta fumare! Lei sa che fa male! E signor Mascaranti, basta dare sigaretta a signor Duca! Vuole che muore?”
“Vladimira, non ti arrabbiare così. Sono un medico, e ti posso assicurare che i nervi, per il cuore, sono più letali del tabacco. Ho più di novant'anni, cosa vuoi che sia una boccata in più o in meno...”
La badante ucraina brontolò ancora un poco, ma il vecchio proseguì: “Sai, Vladimira, nella vita non sono mai stato fermo. Eppure ora sono costretto a esserlo. Fermo. E ogni volta che passeggiamo qui, ogni volta che passiamo davanti a quei pupazzi inerti, mi pare che siano un monito e uno scherno: ora io sono come loro. Uno spettatore come loro...”.
“Che c'entra monitor?”
“Monito, Vladimira. Ammonimento. Sono là a dirmi: sei come noi. Animato dalla tua badante. Unisciti a noi. Osserva l'acqua farsi melma. Osserva le cornacchie nutrirsi d'immondizia. Osserva le nutrie che ci riportano i pezzi del mistero. Unisciti a noi. Le risposte vengono sempre dall'acqua...”
Guendalina Ravazzoni, Panta rei |
Le risposte vengono sempre dall'acqua, diceva mia madre. Era una nutria molto intelligente anche lei, e in effetti mi raccontò che la città sembrava aver perso le proprie sicurezze e trovato un sacco di dubbi man mano che aveva ricoperto i suoi corsi d'acqua. Ma mia madre era quel tipo di nutria che origlia i discorsi degli intellettuali, quei tipi con gli occhiali che a volte puzzano di polvere e sudore malcelato sotto maglioni e deodoranti che si riunivano in bicicletta all'Anfiteatro, o in qualche locale lungo il corso del mio naviglio. Comunque, fermandomi dopo la mia lunga nuotata, annusai bene la mano e mi resi conto che non era vera, ma artificiale. Era molto leggera, perciò galleggiava. Era una riproduzione fedelissima, tanto da trarmi in inganno. Più d'istinto che d'intuito, ero venuto qui, alla Casa delle Bambole, ma mi resi conto che ero nel posto sbagliato. La mia mano era sproporzionata, rispetto a quelle delle bambole. Era grande come una mano umana. Mi appoggiai sulla riva, ad asciugarmi. Due vecchi e una biondona ciarlavano sul vialetto. Avevo notato già quel tipo di mano finta: nelle vetrine dei negozi. Ogni tanto Luca mi porta lungo viale Monza, ed è là che ho visto le donne di plastica che si usano per esporre gli abiti in vendita. Manichini, mi pare li chiamino. Questa mano somigliava a quelle, per dimensioni, ma qualcosa ancora non mi convinceva. Dovevo solo comprendere cosa. E quando una nutria intelligente come il sottoscritto capisce di non riuscire a vedere qualcosa che ha percepito ma non ha colto, sa che c'è una sola soluzione: rivolgersi a una nutria ancora più intelligente.
La piccola nutria, col suo papillon, si adoperava industriosamente e con dimestichezza nel recupero di bottiglie, lattine e bicchieri di plastica dal canale. Stava spesso in prossimità dei locali, dove la gente, disinibita dall'alcol, si lasciava andare alla propria natura maleducata, gettando i rifiuti a terra, o nell'acqua. La nutria s'immergeva, con la testolina spingeva la preda verso riva. Ne accumulava un tre o quattro, quindi s'adagiava e ne scolava il contenuto, qualunque esso fosse. Per questo la chiamavano a quel modo.
“Scolo!”
“Ehilà, Jake... che mi dici, cervellone?”
Jake emerse dall'acqua e tirò a riva la mano.
“Quella chi è, la tua femmina?”
“Oh, Santa Nutria, Scolo, non scherzare! Hai sentito cos'è successo stamattina?”
Scolo si fece serio: “Brutta faccenda, Jake. Gran brutta faccenda.”
“Ascoltami, Scolo: tra le nostre sorelle*** morte, stamattina, c'era questa mano qui...”
“Mmh... Una mano finta. A volte gli uomini le usano. Quando gliene manca una vera. Vedi com'è definita, curata nei particolari? Gli uomini sostituiscono sempre quel che gli manca con qualcosa di finto. Io credo che sia perché...”
“Scolo... cos'è questo rumore?”
no gatto – no topo – no cane – no piccione – cos'è? – sembra buono – pesce? – forse pesce – sentito me ha – sento paura – sento allarme – annusa annusa – è vivo – sì – si muove nell'acqua – ha paura di me che sono qua e sento il suo odore anche se non riconosco – no, mai sentito prima – mi piace – sembra un po' pesce e un po' anatra selvatica rincorsa sul lago d'estate – devo avvisare il padrone – abbaio ma lui sembra distratto – se mi molla mi butto – l'afferro e glielo porto – è nella mia natura retriever – non posso farci niente – devo andare – devo prenderlo – devo portarlo a riva – sta scappando – è mio – vado – mi butto – splash!
Jake la Nutria e Scolo guizzarono rapidi nel naviglio, mentre il grosso labrador retriever gli si tuffava appresso. L'istinto di sopravvivenza fece sì che non pensassero a niente finché non seppero di essere fuori pericolo. Fu solo allora che Jake si rese conto che la mano era rimasta là, tra le lattine e le bottiglie vuote di Scolo, dove quello stupido cane probabilmente ora si stava scrollando sotto le ingiurie del proprio padrone. Aveva ottenuto una mezza risposta, e perso una traccia. “Santa Nutria” si disse “e ora che posso fare?”
Il cuoricino gli batteva ancora all'impazzata per la nuotata e lo spavento, e per la rabbia di non avere nessuna pista da seguire, quando la notte parve calare all'improvviso e Scolo sussurrò, con insopportabile rassegnazione: “Vedi, lo dico sempre, alcune risposte è meglio non trovarle, soprattutto se ti trovano loro”.
*** NOTA DI JAKE: Non esiste un termine nella vostra lingua per definire come ci definiamo noi nutrie tra di noi. “Sorelle” restituisce solo la vostra ignoranza, il fatto che ci consideriate, superficialmente, tutte uguali. Come se non fossimo maschie e femmine. Io per essere una nutria sono molto intelligente, ma voi umani siete molto stupidi.
FINE SECONDA PUNTATA
MANDATECI I VOSTRI SPUNTI PER IL PROSIEGUO DELLA STORIA ENTRO DOMANI ALLE ORE 13!
StraStorie – Gialla è la città Edition per BookCity Milano
17-18-19 novembre 2017
Un format di narrazione condivisa di Valeria Ravera
Con Riccardo Besola, Andrea B. Ferrari e Francesco Gallone
In collaborazione con Ladra di Libri - Covo della Ladra
Illustrazioni di Guendalina Ravazzoni
Contributo video di Carmen Pellegrinelli
Musica di Alessandro Arbuzzi
Dal vivo allo Spazio Ligera, via Padova 133 Milano
e sul web: www.strastorie.it, facebook.com/strastorie
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Un primo suggerimento è arrivato da uno spettatore durante il primo incontro dal vivo di StraStorie – Gialla è la città allo Spazio Ligera: e se nel mistero delle nutrie morte e della mano finta c'entrasse qualcosa un ortista che coltiva uno degli orti civici lungo la Martesana? La palla passa a Besola/Ferrari/Gallone - R/A/F!
RispondiEliminaUn altro spunto è arrivato sempre ieri sera dopo l'incontro al Ligera. Roberto ha consigliato di esplorare il mondo nascosto dei nolers...
RispondiEliminaUn suggerimento è arrivato da Sebastian in una mail con oggetto: "Consigli per Jake": "Tutte le mattine, al parco della Martesana, due signore si fermano in auto e versano dei croccantini per gatti sul marciapiede davanti all'entrata in corrispondenza di via Jesi e delle patatine al formaggio nel parco, rispettivamente per piccioni e cornacchie. Mi è capitato di vedere cornacchie anche lontane da quei punti con una patatina al formaggio nel becco".
RispondiElimina"Io e Scolo ci siamo trovati tante volte in pericolo. La vita nel naviglio è bella, bellissima anzi, ma dura. È anche per questo che, quando Luca mi ha preso con sé, ho accettato tutte le sue ridicole abitudini... Per stare un po' tranquillo. Ma ora ero di nuovo nella Martesana, e quando qualcosa di brutto si avvicina, hai un'unica chance: nuotare via, più veloce della Grande Nutria con la falce. E così facemmo noi due: via, rapidi e invisibili nell'acqua scura, a cercare il proprietario di quella mano che – ormai ne eravamo praticamente certi – era molto vicino. Dovevamo trovare l'uomo che arrivava spesso in bicicletta, si fermava a fissarci con aria truce e teneva sempre, d'estate e d'inverno, una mano in tasca..." Betty
RispondiEliminaQuesti roditori o mustelidi a meta strada tra le zoccole e i castori Alberto li detestava. Erano il simbolo di NoLo. Due volte aveva chiesto su Fb di entrare nella community. La prima volta alla domanda su dove abitasse aveva risposto che abitava a via iglesias. Fuori zona gli avevano risposto. Alla seconda richiesta non si erano neppure degnati di rispondere. All inizio aveva provato un rancore incendiario per l'esclusione cui era seguito un disprezzo per quel mondo e tutto quello che rappresentava.
RispondiEliminaLaura su www.facebook.com/strastorie ha postato questo suggerimento: "Luca, dì a quel ratto infeltrito che ti porti appresso che se vuole scoprire chi ha ammazzato le sue sorelline deve andare a cercare la regina della moda". Questo il messaggio che Luca aveva trovato appoggiato con un sasso sulle sue coperte, sotto il ponte della ferrovia che taglia il naviglio, oramai da anni la sua nuova casa.
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